Man ist was Mann isst’, ovvero si è ciò che l’uomo mangia.
Molto del nostro food design prende ispirazione dall’arte giapponese di portare i cibi in tavola! Prendete ad esempio i Wagashi, i dolcetti tradizionali giapponesi: sono delle piccole poesie di zucchero.
Forme, colori e disegni di wagashi, ispirati come sono da letteratura giapponese, dipinti e tessuti, spesso rappresentano immagini evocative della natura e sono una festa per gli occhi. Molti nomi sono derivati dalla prosa o poesia classica, mentre altri possono suggerire una stagione.
Wagashi sono un invito a concedersi a tutti i cinque sensi: L’immagine, il gusto, il tatto, il profumo, e il suono.
I dolci giapponesi, ovvero wagashi, sono piccoli capolavori di arte e gusto. Principalmente a base di farina di riso, cereali e crema di fagioli rossi dolci. Forma e colori variano in base alla stagione.Vengono serviti insieme al tè verde e sono considerati come un dono di lusso.I primi dolci giapponesi sono nati nel periodo Yayoi (300 a.C.- 250 d.C), ed erano prodotti utilizzando riso e patate, schiacciati e lavorati fino ad assumere una forma grezza, senza molte pretese insomma.
In seguito apparirono i manju, torte di riso ripiene di marmellata di fagioli rossi, al principio dolce cinese “Mantou” importato da monaci buddisti fino in Giappone da cui prese inizialmente il nome Nara-manjū.
Poi con l’avanzare dell’importanza della cerimonia del tè, crebbero anche i prodotti artigianali giapponesi: ovviamente dolci di accompagnamento per il tè verde, leggeri e dall’aspetto semplice ma curato.
Nel periodo Edo (1603-1867), il “tè con i dolcetti” non fu più un privilegio di pochi, ma divenne disponibile per la massa, creando un vero e proprio fenomeno nazionale instillatosi nelle radici della cultura giapponese.
Non molto tempo dopo dal Portogallo si importarono nuovi tipi di dolci fino a quel momento sconosciuti in Giappone: il Kompeito (da confeito), zuccherini colorati a forma di stella, e il kasutera (da castella), un semplice pan di spagna di uova, farina, zucchero e sciroppo di amido.
Questi scambi commerciali, e forse la paura di contaminare la propria cultura culinaria, fecero nascere la necessità di fare una distinzione linguistica, furono perciò coniati i termini “yogashi” (letteralmente, dolci in stile occidentale) e “wagashi” (dolci tradizionali giapponesi) nel periodo Meiji (1868-1912).
I wagashi sono dolci artigianali che utilizzano un certo numero di ingredienti “tipici”, tra cui farina di riso, azuki (fagioli rossi da cui si crea la marmellata detta “anko”), zucchero e patate dolci. A differenza dei yogashi in cui si utilizzano molto latte, burro e altri ingredienti.
Si può dire che i manju erano la base per i dolci nipponici che, accostati a molte varianti, assumevano nomi e forme differenti.
La differenza tra manju e mochi è molto sottile, quel che è sicuro è che entrambi sono degli esemplari di torta di riso lavorati fino ad assumere una forma rettangolare o tonda, tradizionalmente mangiati a capodanno. Per quanto riguarda il mochi viene prodotto in una cerimonia chiamata “mochitsuki”
Esistono tantissime tipologie di mochi, di solito si differenziano dalla confettura messa all’interno, tra cui: daifuku (mochi rimpieti con anko), dango (mochi infilato in un bastoncino), hanabiramochi (mochi rosso e bianco ricoperto di anko e una striscia di gobo candita), kusa mochi (mochi dolce infuso nell’artemisia -yomogi- con un centro di anko), matsunoyuki (un mochi addolcito dalla forma di un pino, cosparso di zucchero), sakuramochi (mochi riempito di anko e avvolto in una foglia di ciliegio), yatsuhashi (fogli sottili di gyūhi -mochi zuccherato-, disponibile in diversi sapori, piegato a triangolo intorno a una palla di anko).
Tra le note della pagina su facebook di “dolcetti giapponesi” potete trovare moltissime ricette. http://www.facebook.com/pages/Dolcetti-giapponesi/103674424032 che ha contribuito alla redazione del testo e di parte delle foto
Altri link utilissimi per questo articolo:
http://www.giappone-italia.com/cucina/i-dolci-giapponesi (testo e foto 3)
http://www.farleftside.com/2009/1-26-09.html (foto 1)
http://blog.jagaimo.com (foto2)
www.artandhunger.com/art…/japanese-wagash.html (foto 3)
[slideshow]