Dio parla a ciascuno solamente prima ch’egli sia creato,
poi va con lui silente nella notte.
Ma le parole, quelle prima dell’inizio di ciascuno,
le parole come nubi, sono queste:
Sospinto dal tuo intendere,
va’ fino al limite del tuo anelare;
dai a me una veste.
Dietro alle cose come incendio fatti grande,
sicché le loro ombre, diffuse,
coprano sempre me completamente.
Lascia che tutto ti accada: bellezza e terrore.
Si deve sempre andare: nessun sentire è mai troppo lontano.
Non lasciare che da me tu sia diviso.
Vicina è la terra,
che vita è chiamata.
La riconoscerai
dalla sua solennità.
A me da’ la tua mano
(“Sento Le Cose Cantare” Rainer Maria Rilke)
In ognuno di questi pezzi, uno strano equilibrio tra gli assemblaggi di corpi trovati in natura con gli oggetti creati dalla mano dell’uomo, rivela la peculiarità di ogni specie, come anche la loro differenza.
Così il lavoro di Philip Sajet, in continua evoluzione nel corso dei decenni, può essere visto come un ritratto multi-sfaccettato del limite della forma. E’ come se la mano del maestro, comunque in perfetto controllo dei materiali, delle distanze, delle forme a sua disposizione, si rilassasse di tanto in tanto e cedesse l’energia e la forma intrinseca delle cose che attraversano il suo percorso. E’ come se un Dio ubriaco, perso in momenti di auto-godimento, avesse lasciato le cose andare a modo loro, uscire fuori dalla sua portata e cambiare a tal punto da apparire nuove non appena rientrate nell’orbita del suo lavoro.
I Gioielli, una volta usciti dal controllo del loro artista-demiurgo, diventano oggetti da indossare. Solo la personalità di chi li possiede potrà dare loro vita e importanza.
Dal 14 novembre in mostra presso il MAXXI di Roma con Corpo Movimento Struttura.
Connessioni, strutture, equilibri di pesi e volumi: un lessico comune condiviso da gioiello e architettura, discusso e interpretato da Domitilla Dardi con gli autori coinvolti dal MAXXI. Attraverso le opere di sei grandi maestri internazionali – Babetto, Bielander, Britton, Cecchi, Chang, Sajet – viene raccontato il legame tra piccola e grande scala evidenziando in maniera inedita alcune particolarità del mondo del gioiello contemporaneo.
Insieme a Domitilla Dardi, curatrice della mostra, Giampaolo Babetto, David Bielander, Helen Britton, Monica Cecchi e Philip Sajet ricordano inoltre la figura e l’opera di Peter Chang a pochi giorni dalla sua prematura scomparsa.