“Lo strano caso del Tiramisù”…

“Non tutti possono diventare dei grandi artisti ma un grande artista può celarsi in chiunque” (RATATOUILLE)


E’ un dessert immediato, avvolgente e vellutato, con un giusto equilibrio ottenuto dalla dolcezza del mascarpone, l’amarezza del cacao, e dalla consistenza del pavesino leggermente tuffato in una bagna di caffè e alchermes…

Degustare questo dolce è come viaggiare nei ricordi di bambino, nella forma cremosa del mascarpone…… è la madeleine di Proust, ovvero quel gusto semplice ma antico, pieno di ricordi e carico di aspettative: davanti al Tiramisù siamo come dei bambini di fronte ad un negozio di cioccolata, affascinati e sconvolti da tanta bellezza…..

Abbandonate i sensi di colpa e preparatevi a soddisfare ogni dolce tentazione! Che male c’è a preparare e gustare un dolce dessert che vi rallegrera’ la giornata?….

Si può realizzare in tantissimi gusti, io continuo a preferire il classico al cioccolato amaro, ma d’estate lo preparo alle fragole o con la granella di nocciole tostate….molto buono, ve lo consiglio!

Ingredienti: (circa 8-10 persone)

500 gr. di mascarpone (io usavo Optimus,  ma visto che è difficile trovarlo, sono approdata al Granarolo); 1 pacco e 1/2 di pavesini formato famiglia; 5 cucchiai di zucchero; 3 tuorli; 3 chiare montate a neve; caffè (1 tazza, circa); alchermes; polvere di cacao amara.

Preparare l’impasto unendo i rossi d’uovo con lo zucchero, lavorate bene con la frusta, preparate il caffè, in modo che si freddi. Infine montate a neve la chiare e alla fine aggiungete 1 cucchiaino di zucchero per non farle smontare. Prendete una ciotola e mettete il mascarpone, lavoratelo con l’impasto preparato precedentemente, e aggiungete le chiare montate a neve unendole dal basso in alto senza girare (per evitare che si smontino).

A questo punto sarete pronti per fare il tiramisù: sul tavolo aprite i pacchetti dei pavesini e in una ciotola preparate la bagna: metà caffè e metà alchermes. Prendete una teglia per circa otto dieci porzioni e iniziate a riempirla con i pavesini precedentemente bagnati, velocemente, nella bagna. Ponete il primo strato con i pavesini messi in modo parallelo e contemporaneamente mettete i pavesini messi di costa sul bordo; procedete con il secondo strato disponendo i biscotti in modo perpendicolare al primo. Alla fine di ogni strato mettete una giusta dose d’impasto a base di mascarpone e sullo strato finale spolverate di cacao amaro.

Per eseguire il tiramisù con la granella di nocciole, dovete sostituire l’alchermes con un liquore di nocciole (sempre unito al caffè) e il cacao amaro con la granella di nocciole.

Per eseguire il tiramisù con le fragole, dovete preparare in anticipo le fragole condite con il maraschino e lo zucchero in modo che si macerino. Quindi la bagna sarà costituita dal sugo delle fragole (maraschino e zucchero); il cacao amaro verrà sostituito dalle fragole, che saranno anche inserite nel primo strato sopra al mascarpone.

Spero di avervi allietato la giornata! Buon dolce a tutti!…e vi lascio con Marcel Proust:

Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un po’ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati maddalene, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto della maddalena. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicessitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta ? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della maddalena. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veniva ? Che senso aveva ? Dove fermarla ? Bevo una seconda sorsata, non ci trovo più nulla della prima, una terza che mi porta ancor meno della seconda. E tempo di smettere, la virtù della bevanda sembra diminuire. E’ chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. E’ stata lei a risvegliarla, ma non la conosce, e non può far altro che ripetere indefinitivamente, con la forza sempre crescente, quella medesima testimonianza che non so interpretare e che vorrei almeno essere in grado di richiederle e ritrovare intatta, a mia disposizione ( e proprio ora ), per uno schiarimento decisivo. Depongo la tazza e mi volgo al mio spirito. Tocca a lui trovare la verità…retrocedo mentalmente all’istante in cui ho preso la prima cucchiaiata di tè. Ritrovo il medesimo stato, senza alcuna nuova chiarezza. Chiedo al mio spirito uno sforzo di più…ma mi accorgo della fatica del mio spirito che non riesce; allora lo obbligo a prendersi quella distrazione che gli rifiutavo, a pensare ad altro, a rimettersi in forze prima di un supremo tentativo. Poi, per la seconda volta, fatto il vuoto davanti a lui, gli rimetto innanzi il sapore ancora recente di quella prima sorsata e sento in me il trasalimento di qualcosa che si sposta, che vorrebbe salire, che si è disormeggiato da una grande profondità; non so cosa sia, ma sale, lentamente; avverto la resistenza e odo il rumore degli spazi percorsi…All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di maddalena che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio….”

(Marcel Proust, Dalla parte di Swann)

 

 

 

 

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